Pirsuni 'mpurtanti - Tarsia dialetto

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Personaggi illustri.

Adamo Vescovo, sec XIV. Forse si riferisce ad Adamo de Ducy, vescovo di  Cosenza dal 1290 al 1295.

Guglielmo Rende (?) vescovo di Bisignano 1295 – 1315.

Grimaldi Nicolò: Notaio e filantropo. “Avendo Nicolò Grimaldi, cittadino di Tarsia, Terra assai cospicua della Calabria Citeriore nella diocesi di Rossano, cominciato a  fondare, per voto fatto, un'Ospitale in honore di San Giacomo di Galitia e di Sant'Antonio di Vienne, con licenza dell'Arcivescovo sudetto di Rossano, fin dell'anno 1400, e temendo che dopo la sua morte la sua pia intenzione non avesse nessun effetto, deliberò di far donazione del detto luogo all'Ordine nostro Agostiniano, di cui era molto devoto; e per poter far ciò, ne impetrò Bolla particolare da papa Gregorio XII, la quale fu data in Gaetta à 29 de Aprile nell'Anno 5 del suo Pontificato, e di Cristo 1411. Ciò impetrato, edificò la Chiesa & il Monistero, quale anche donò di rendite sofficienti. Tanto scrisse l'Errera nel Tomo 2. dell'Alfabeto a carte 481. e lo stesso conferma l'Ughelli nel Tomo 9. della sua Italia Sacra col. 407. num. 19 in Ecclesia Rossanensis”.
Il testo è tratto da “Secoli Agostiniani overo Historia generale del Sacro Ordine Eremitano del Gran Dottore di Santa Chiesa S. Aurelio Agostino, vescovo di Hippona”, di Luigi Torelli, predicatore generale dello stesso Ordine. Anno 1678.

Mie considerazioni: per “Ospitale”, si deve intendere il significato che aveva nel Medioevo, cioè casa di accoglienza per i pellegrini, in particolare quelli che non erano in grado di pagarsi un letto in una locanda. Erano istituzioni religiose, appartenenti a monasteri e chiese, che si sostentavano grazie a lasciti di cittadini, o per le elemosine dei frati. Non erano in grado di offrire molto: generalmente un letto, o un pagliericcio in uno stanzone comune. Di solito non era prevista l'offerta di cibo. L'adiacenza ai monasteri, conventi o chiese, era propria di quegli ospedali che si prendevano anche cura di ammalati o infermi, per la presenza di monaci esperti nella raccolta e coltivazione di erbe medicinali e nella preparazione di un qualche farmaco.
  La cronologia degli eventi è chiara. Il Grimaldi, certamente di buone possibilità economiche, comincia a costruire un luogo di accoglienza nel 1400, dedicandolo a due Santi, San Giacomo e Sant'Antonio. La dedica ai due santi avrebbe un motivo: S. Giacomo, protettore dei viandanti e dei pellegrini, a cui erano particolarmente devoti i monaci cluniacensi, e quindi benedettini; S. Antonio di Vienne, quello del maialino, protettore dei pellegrini infermi ed ammalati, a cui erano devoti gli Agostiniani. Credo che il primo intento del Grimaldi fosse quello di mettere d'accordo i religiosi dei due Ordini che operavano nel territorio, i Benedettini di S. Maria di Camigliano, e gli Agostiniani Eremitani. Il secondo intento era certamente quello di avere l'imprimatur ecclesiastico per questa sua beneficenza, chiedendo il permesso di costruire la Chiesa ed il convento. Il tutto ci dà uno spaccato di quella che era la vita del tempo. La Chiesa (ora intitolata ai SS. Pietro e Paolo) fu dedicata a S. Nicola da Tolentino, come attestato dall'omonima viuzza retrostante. S. Nicola da Tolentino fu santificato nel 1446 da papa Eugenio IV: se la bolla papale di papa Gregorio XII è del 1411, i tempi di edificazione sono stati piuttosto lunghi, più di 30 anni. La dedica a questo Santo potrebbe significare che i Benedettini non avevano più presenza nel territorio (infatti, come dirò in altro ambito, ai primi del 1400 l'Abbazia di Camigliano veniva data in “commenda” ai privati, laici o ecclesiastici). Altra considerazione che faccio riguarda il luogo: un edificio di accoglienza per pellegrini presuppone un passaggio di viandanti, oppure la dedica a S. Antonio implica la necessità di cure per un tipo di malattia legata a questo Santo, “il fuoco di S. Antonio”. Con questo termine, oggi si identifica un contagio dal virus herpes zooster, sicuramente meno pernicioso di un'altra malattia, con sintomi iniziali coincidenti,  che nel Medioevo era il cosiddetto “ergotismo”, dagli effetti spesso letali ed esiti devastanti per le comunità che ne erano colpite. Questo morbo interessava soprattutto le popolazioni rurali chiuse, con scarsi commercio con l'esterno; era un'epidemia non da contagio ma da alimentazione, dovuta ad un fungo, la claviceps purpurea, che infetta i cereali (segale, orzo, avena, sorgo, miglio, in minor misura il grano) e le piante foraggere. Si manifesta o con allucinazioni e convulsioni, o con gangrena diffusa. Come ha scritto Alessandro Tarsia (!), professore e ricercatore di Antropologia, collaboratore di Storia delle tradizioni popolari presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'UniCal, nel suo libro “Il pane e il fuoco, ergotismo nell'Italia meridionale”, fu la malattia degli umili, dei contadini, delle comunità periferiche e marginali, dei mendicanti. Non  mi sembra opportuno divagare e andare fuori dal seminato, scrivendo ancora sull'ergotismo, ma il Grimaldi ha fondato il suo Ospitale per un voto fatto, per una guarigione sua o di un qualche suo familiare, e lo ha dedicato ad un Ordine, quello Agostiniano, deputato alla cura delle epidemie, e ad un Santo, Antonio da Vienne, che l'iconografia associa al maiale, questo perché il grasso di maiale, spalmato sulle ferite gangrenose ne alleviava i sintomi dolorosi, pur non portando alla guarigione. Faccio altre due brevi considerazioni: una riguarda l'alimentazione delle classi povere, a base di cereali minori, mentre il grano era destinato, da parte dei proprietari terrieri, o alla vendita o alla tavola dei ricchi (il professor Tarsia fa una distinzione fra “pane nero e pane bianco”); l'altra riguarda l'andamento demografico dei Comuni del Meridione, che, nell'arco di qualche anno, passavano da centinaia a poche decine di “fuochi”(i nuclei familiari, in ragione di 4 – 6 persone),  pur in assenza di pestilenze o di guerre, significativo di mortalità elevate, dovute senz'altro allo scarso tenore di vita e all'alimentazione non solo carente, ma qualche volta anche letale.
  Infine, da mie ricerche risulta che il primitivo Ospitale del Grimaldi sia il fabbricato, ristrutturato dopo gli anni '60, ad opera e di proprietà delle famiglie Covucci-Toscano, Brignola-Olivieri, Moio-Vattimo; la Chiesa è stata demolita e ristrutturata a partire dal 1954; mentre il Convento agostiniano, dismesso nel 1783, attraverso vari passaggi fu proprietà dei Severino ed ora degli Infelise.

     
Galeazzo Ameri: Alto Ufficiale e feudatario. Sec. XV.

Alfonso De Pinibus: Medico ed erudito. Sec XVI.

Giovanni Ruffo: Maresciallo, filosofo, amico personale del Re, Sec XVI.

Francesco Cimino: Feudatario emerito. 1560 – 5.10.1608.

Padre Guglielmo: Agostiniano, taumaturgo. 1560-1610.

Marco Aurelio Severino: Medico chirurgo, primario, scienziato. Autore di trattati sull'Anatomia Umana ( 5.11.1580 – 12.7.1656).

Nicolò Tortomano: Musicista. Sec. XVI – XVII.

Agostino Moio: Padre generale degli Agostiniani (1630 – 1710).

Nicolò Montalto: Padre agostiniano,  teologo, erudita, pubblicista.
Padre Nicolò Montalto è stato un eminente teologo, molto colto; oltre ad essere esperto in Diritto Canonico, aveva anche il compito di interpretare le Sacre Scritture. Il titolo del suo libro lo possiamo tradurre “Considerazioni della Sacra Scrittura, fatte dal magniloquente Nicola di Tarsia, dell'Ordine degli Eremitani di Santo Agostino, tratte da diversi suoi scritti e sintetizzate in un solo libro, disposte secondo l'ordine dei testi della Sacra Bibbia”. Come era uso del tempo, la dedica è ad un cardinale “Signore illustrissimo e reverendissimo e sempre onorabilissimo Antonio de Facchinettis, magnifico cardinale di Santa Romana Ecclesia”. La licenza, o il permesso, di scrivere questo testo gli fu data dal Priore Generale degli Agostiniani, padre Alessandro Senense, in data 21 novembre 1593 (risparmio la dicitura in latino). Questo tipo di libri era sollecitato dalla Congregazione per garantire la formazione non solo religiosa, ma anche culturale degli aspiranti sacerdoti, secondo la dottrina agostiniana di uomini liberi sotto la grazia di Gesù.
Non sappiamo quando è nato questo Nicolò, o quando è morto; possiamo intuire che fosse di Tarsia dagli epigrammi che i suoi “colleghi” gli hanno dedicato nella post prefazione (si usava così a quel tempo: fare le lodi dello scrittore per esaltarne i meriti); per esempio, un certo Tommaso Basilio gli scrive: “ te, padre, Tarsia grata, ti onorerà per sempre”; un certo padre Paolo da Messina gli dice, pressapoco, che “Tarsia lieta è stata, infine, risvegliata per merito di un suo alunno da un sonno che durava da lungo tempo”; oppure, ancora, un certo Giacobbe Severino (contemporaneo e senz'altro parente del medico Marco Aurelio Severino) si rivolge direttamente a Tarsia, scrivendo “perché ti vesti ancora di nero? E, invece, sciolti i capelli e tutta felice, non vai incontro a lui, come una novella sposa al suo uomo?”.  Amenità strampalate. Il latino adoperato è abbastanza buono, non eccellente, pomposo, ricercato, che sa tanto di curia; insomma, se lo leggi, non ti viene la voglia di studiarlo.
Dei manoscritti originali ne sono rimasti due: uno è alla Biblioteca Nazionale di Napoli, piazza del Plebiscito; l'altro alla Biblioteca Nazionale di Roma, zona Castro Pretorio. Gli Archivi Agostiniani hanno soltanto delle copie fotostatiche.

Gaetano Greco: Priore agostiniano, teologo. Sec. XVI.

Michele Oranges: Medico, filosofo. Sec. XVI – XVII.

Francesco Oranges: Medico, filosofo, poeta. Sec XVI – XVII.

Francesco Vivacqua: Nato a Tarsia nel 1783. Magistrato, Giudice della Gran Corte Criminale, Consigliere di Cassazione, Procuratore generale di Catanzaro, socio della Accademia Cosentina. Nel 1820, eletto deputato del Regno delle Due Sicilie, dopo i moti di quell'anno, fu destituito e privato dei pubblici uffici. Si ritirò e visse privatamente a Tarsia, dove morì il 10.06.1851.

Luigi Focaracci: Avvocato. Presidente dell'Accademia Cosentina; scrittore, fondatore della Biblioteca Civica di Cosenza. 10.7.1812 – 12.10.1871.

Carlo Rende: Presidente tribunale, consigliere di Corte di Cassazione.14.1.1831 – 1913.

Rosalbino Rende: Avvocato dello Stato. 1838 – 1926.

Teodoro Toscano: Avvocato dello Stato. Presidente della Camera di Commercio di Cosenza. Letterato. 2.2.1843 – 28.8.1924.

Gaetano Rossi: Presidente della Corte d'Appello di Catanzaro. Consigliere di Cassazione. (1869 – 24.7.1939).

Alfonso Toscano: Console. 23.11.1849 – 15.11.1940.

Manlio Rossi: Presidente aggiunto della Corte di Cassazione. Cavaliere della Gran Croce (data del conferimento 31.03. 1980). 14.9.1909 – 11.1.2001.

Cesare Curti: Procuratore capo della Procura di Castrovillari.

Luigi Rossi: Prefetto. 11.9.1902 – 23.11.1960.

Tullio Toscano: Dirigente Ministero degli Esteri. Esperto in Economia. Roma.

Alfonso Toscano: Avvocato, Assessore alla Provincia di Cosenza. 1.8.1925 – 26.7.1987.

Salvatore Senese: Magistrato, Senatore della Repubblica. Presidente del Tribunale Permanente dei Popoli.
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