T
Ta: suffisso usato nelle relazioni di parentela (mammata, suorta etc).
Tabacchéra: Derivato da “tabacco”. Piccola scatola di forma rotonda, tascabile, destinata a contenere tabacco da fiuto, molto in uso dal 17° secolo, epoca in cui fiutare tabacco era considerato atto di grande eleganza, che dalle corti e dalla borghesia si estese poi anche fra il popolo. Era detta così anche la depressione di forma ovale del polso della mano, perché vi veniva deposta la piccola dose di tabacco da fiutare; è delimitata dalle salienze della pelle formate dai tendini del lungo estensore e del corto estensore del pollice. (“Zù Francisc'i' fischietti” la usava spesso: a lui devo questa distinzione). “Chiacchier'e tabaccher'i ligni, u Banch'i Napuli manchi s'impigmi”, fandonie, frottole, chiacchiere, parole dette a vuoto ed oggetti di poco conto, il Banco di Napoli non li prende in garanzia. I “tabaccher'i ligni” potrebbero indicare, in senso metaforico, l'apparato sessuale femminile di donna non più fertile, quindi infruttifera, che non da garanzie che un futuro investimento possa dare un utile, come le parole dette a vuoto. Oppure, sempre riferito a questo secondo significato, la “tabacchera” è un traslato: la scatola, se tenuta chiusa, trattiene anche l'aroma del tabacco, così come l'organo sessuale femminile serve a conservare, non deflorato, la virtù verginale. Per inciso, dirò che il Banco di Napoli in questione era il vecchio Banco dei Pegni, sorto a Napoli nella prima metà del 1500 per combattere l'usura.
Tabàrru: pastrano, mantello da uomo. Dal francese antico “tabard”, o dallo spagnolo “tabardo”. Oppure dal greco "tebenos" (manto da pastore).
Tàcca: pezzettino, macchia, scheggia di legno che si spicca nel tagliarlo. Dal germanico “taikka” (segno).
Tacchiàre: camminare velocemente, facendo rumore con i tacchi. Voce ormai in disuso. Probabile derivazione dallo spagnolo ”tacha”, oppure dall'arabo “takà”.
Tàccia: bulletta, chiodo corto da scarpa a larga capocchia. Da francese antico “tache”, o dallo spagnolo “tacha”.
Taccera: termine in disuso. Forma su cui il fabbro batte il chiodo per formare la capocchia. Stessa etimologia.
Tàddhru: tallo, tralcio, germoglio del fiore di zucca. Dal greco “tàl”, affine a “tàllo” fiore, germoglio (termine omerico, Odissea).
Taffetà: specie di tessuto di seta. Dal francese “tafetàs”, tessuto importato in Francia dalla città persiana di Taftan.
Tagliòla: trappola, tagliola. Dal francese “tailler”, oppure dal tardo latino “caveola”, da “cavea” (recinto, cavità, gabbia).
Taliàri: fare la spia, spiare. Dall'arabo “talaji”; anche in spagnolo castigliano “atalayar”.
Tamàrru: contadino villano, persona dai modi rozzi, volgari. Dallo spagnolo “zamarro”, con lo stesso significato. Ambedue i termini deriverebbero da un arabo “tammar”, mercante di datteri, influenzato dall'ebraico “tammar”, pianta di dattero. L'accostamento tra i termini è dovuto forse al fatto che il mercante, per le sue maniere rozze e sbrigative, volgari e scostanti, sia carente di buona educazione, e perciò persona villana ed ignorante. Ipotesi etimologica alternativa, potrebbe essere la derivazione dal greco “catamaraino” ( essere estenuato, svilito, avvizzito).
Tàmba: vedi “tanfu”.
Tammùrru: tamburo. Dall'arabo “tunbur”, incrociato con “tabul” (strumenti musicali).
Tànfu: odore di muffa, sgradevole, puzza. Dal longobardo “tampf”, vapore, esalazione.
Tàngaru: persona grossolana, rustica, goffa. Voce usata come epiteto offensivo. Da un tardo latino “tanganum”, o da un antico francese “tangre” (ostinato, resistente).
Tànnu: allora, a quel tempo. Dal latino “tum ante annum”, in francese “antan”, in spagnolo “antanio”. L'espressione “tanni ppì tanni” è una locuzione temporale che indica la contemporaneità di un'azione. In alternativa, potrebbe essere dal latino “tamdiu”, da tanto tempo.
Tappìna: pantofola, babbuccia. Dallo spagnolo “chapin”. Altra etimologia potrebbe essere la derivazione dal greco “tapeinòs”, basso, se raffrontata alla normale altezza della scarpa (Euripide, V° sec. a. C.).
Tàraca: deposito di sudiciume nella pipa. (“Tummas'i'casarini”, ogni tanto puliva la pipa “ccù nnu struppulu 'i ligni” e diceva: “guarda, quanta tàraca c'è”). Potrebbe derivare dal greco “tàrichos”, deposito indurito (Erodoto, I° sec. d. C.).
Taràddhru: tarallo, biscotto in forma di ciambella. Forse dall'incrocio fra il greco “dàratos”, specie di pane azzimo, con il latino “tostus”, abbrustolito. Ipotesi alternativa potrebbe essere una derivazione dal francese antico “taral”, essiccatoio e “danal”, sorta di pane rotondo, quindi pane rotondo messo a seccare. Ancora, un 'alternativa potrebbe essere dal greco, variante dialettale macedone, “dramis”, specie di pane secco ( a dire il vero, non riesco a capire come la “emme” possa essersi tramutata in doppia “l”).
Taraddhri.
Tarramùtu: terremoto. Dal latino “terrae motus”.
Tarantéddhra: ballo, danza tradizionale e popolare di tutta l'Italia meridionale, dal ritmo molto vivace, in tempo di 3/8, o di 6/8, accompagnata da vari strumenti, fra i quali, tipico, il tamburello a sonagli, suonato dagli stessi danzatori. E' una danza che risale al XV° secolo. Si pensava che il morso dalla “tarantola”, un ragno della famiglia dei licosidi (Lycosa tarentula), presente in tutta l'Italia meridionale, soprattutto in Puglia, provocasse turbe psichiche di natura diversa (in realtà determina solo una reazione locale). Chi ne era morso cadeva in uno stato di ipnosi, che si associava ad una grande sensibilità musicale, per cui, al primo accenno di una musica qualsiasi, cominciava a ballare, dapprima lentamente, poi con sempre più frenesia, fino a cadere esausto a terra; era opinione che, in questo modo, il veleno iniettato dal ragno si distribuisse in tutto il corpo e poi venisse eliminato attraverso il sudore. Di conseguenza, si credette che la musica fosse l'unico rimedio verso il veleno, per cui, soprattutto nel periodo estivo, si organizzavano veri e propri “concerti”, per una “disinfestazione” preventiva dal morso del ragno, oppure per liberare dal male chi ne era stato punto, ed il “tempo” musicale era dettato dalla natura più o meno avanzata della malattia. Si trattava, come è facile intuire, di uno stato di ipnosi collettiva, proprio delle società chiuse, arretrate, ma che ci ha lasciato una musica che si identifica con il Meridione ed il ballo italiano più conosciuto all'estero.
Tarsiani, Tarsitani: abitanti di Tarsia.
Tartagliàre: essere balbuziente. Da probabile voce onomatopeica.
Tartìjegnu: indugio, perdita di tempo, il fare tardi. Vedi “ntartijegnu”.
Tassa: tazza. Dall'arabo “tassa”.
Tassu: termine generico dato al veleno che serve per pescare al fiume, dopo la formazione di un piccolo invaso. Il veleno si estrae dallo schiacciamento nell'acqua delle radici di una pianta, la Daphne gnidium (la dittinella), o con euforbia. Vedi “vruonzu”. Dal latino “thapsus”, a sua volta dal greco “thàpsos” (veleno). Vedi anche “tuossicu”.
Tassu.
Tatu: padre. Di probabile derivazione sanscrita; comunque dal latino “tata”. “'U lavuru si chiama tatu, pirciò a mmìa mi feta” (voglia di lavorare saltami addosso). “A chini mi duna pani, u chiamu tatu” (rispetterò come genitore chi mi dà da mangiare).
Tàuru: toro. Dal latino “taurus”.
Tavànu: tafano. Dal latino “tabanus”.
Tavulàtu: soffitto. Dal latino “tabulatus” (fatto di tavole).
Tavùtu: cassa da morto. Dall'arabo “tabut” (cassa di legno, arca funeraria, bara); in greco “tàfos” è sepolcro, e “taftein” significa onorare con rito funebre (termini omerici).
Teccà: voce per scacciare il cane.
Ténnaru: tenero. Dal latino “tener”.
Terràggiu: sorta di imposta, di tributo che il colono pagava al proprietario della terra per l'affitto; in senso dispregiativo, forma di sfruttamento da parte dei figli nei confronti del genitore. Da un latino medievale “terraticum”, derivato da “terra”.
Tìfa: zolla di terra erbosa. Dall'osco “tefa”, o dal latino “teba”, piccola prominenza del terreno (Terenzio Varrone Reatino, I° sec. a.C.).
Tiganijddhru: tegame. Dal latino volgare “tegamen”, a sua volta dal greco “teganon”. “Alliccat'u tiganijddhri, cà fa i figli bijddhri” (esortazione a una buona nutrizione durante la gravidanza).
Tiganijddhri.
Tignùsu: stizzoso, cavilloso, astioso. Da un tardo latino “tineosus”, derivato da “tinea”.
Tijéddhra: teglia, tegame. Dal latino “tegella”. Oppure dal greco “téganon”, termine arrivato nel Meridione tramite i Bizantini, per il cambiamento della vocale “e” in “i” (fenomeno dell'itacismo).
Tijerminu: termine, limite, confine. Dal latino “terminus”.
Tilàru: telaio. Dal latino “telarium”.
Tilàru.
Timògna: bica del grano, catasta. Dal greco “thimounia”.
Timogni.
Tìmpa: rupe, roccia scoscesa, precipizio. Dall'osco “timpa”; “và truvannu finuucch'i timpa”, riferito a chi cerca il pelo nell'uovo. Non credo che la zona di Tarsia “a timpa” possa derivare dal greco “Tempe”, una valle della Tessaglia, situata tra il monte Olimpo ed il monte Ossa.
A timpa (foto di Mario Signoretti).
Timpàgnu: fondo della botte o del barile, disco di legno su cui si pone una pietra per comprimere il contenuto salato. Dal greco “timpanon”, cilindro per chiusura (Erone, II° sec. a. C.). “'Na bott'aru cijrchi e guna aru timpagnu”: barcamenarsi tra due esigenze diverse.
Vasetti e timpagni.
Timpùnu: piccola elevazione di terreno, collinetta. Da “timpa”. Anche se l'etimologia è osca, il cambiamento del termine indica la tarda influenza normanna, per l'uso del suffisso “unu”, che ha valore diminutivo e non accrescitivo. Vedi anche “scalunu”.
Tinente: voce verbale aggettivata dal latino “tenere” (reggere, mantenere), usata come locuzione “tinente tinente”, riferita alla cottura degli spaghetti o dei maccheroni (al dente).
Tìppulu, 'ntìppulu: turacciolo, tappo. Dal latino “tippula”.
Tirabusciò: cavatappi. Dal francese “tire bouchon”.
Tirànni: bretelle dei pantaloni. Dallo spagnolo “tirantes”.
Tiratùru: cassetto della tavola, tiretto. Dal francese “tiroir”.
Tirettu: cassetto, tiretto. Oltre che dal francese, come su accennato, l'etimo è anche dal latino “tirare”, voce derivato da un più classico “trahere”.
Tiritufili: tartufo. Dall'unione di due termini, uno latino (terrae) e l'altro antico francese (trufa).
Tiritùppiti: voce onomatopeica che imita il rumore fatto da un oggetto che cade. Di solito è seguito da “lariulì lariulà”; il canto che l'accompagna è su ritmo binario.
Tirru (turru): vispo, arzillo. Probabilmente dal latino “tiro”, giovane soldato, coscritto, recluta. Ma non mi convince molto. In alternativa dal greco “sterròs” (solido, duro, forte, saldo).
Tirziàri: smuovere la carta lentamente per vedere se è quella che si aspetta, scoprire a poco a poco la carta da gioco. Dallo spagnolo “terciar”, bilanciare dividendo in tre parti.
Tirzìgliu: gioco di carte, detto anche “calabresella”, a tressette giocato da tre soli giocatori. Dallo spagnolo “tresillo”.
Tisu: diritto rigido, teso. Dal latino “tendere”; “camina tisu tisu”, cammina in modo rigido e in atteggiamento di superbia.
Titìddhru: altro modo di indicare l'ascella, forse dal solletico indotto dalla sua stimolazione. Dal latino “titillus”.
Tizzùnu: tizzone. Dal latino “titio”.
Tògu: bello, piacente, simpatico, eccellente. Voce scherzosa, dall'ebraico “tob”. (buono, eccellente).
Tòmu: placido, taciturno, sornione, cauto, strano, curioso, bizzarro. Da un tardo latino “tomus”, a sua volta dal greco “temno”, con significati in senso traslato. Famosa la espressione di Totò nel film, “Lo smemorato di Collegno”: “tomo tomo cacchio cacchio”.
Torciàre, torciniàre: torcere, legare stretto, caricare legando su una bestia o un carro. Da un tardo latino “tortiare”, derivato da “tortus”, participio passato di “torquere”.
Tòrchia: stroppa ritorta, legame vegetale che serviva per attaccare il giogo al timone. Stessa etimologia.
Tòrna: di nuovo. Voce avverbiale dal latino “tornare”, a sua volta da “tornus” (cioè lavorare al tornio e, in senso traslato, muovere in giro, in circolo, daccapo)).
Tortanu: pane buccellato, a forma di cerchio. Era usanza prepararlo e portarlo in chiesa, il giovedì santo, per farlo benedire, come devozione in ricordo dell'ultima cena e simbolo dell'Eucarestia. Deriva dal latino “torta” che in origine era un pasticcio piano e tondo.
Tortanu.
Toscho: altero, pettoruto. Potrebbe derivare dallo spagnolo catalano “tosco” (grossolano, rozzo, ignorante), ovvero dal latino “tostus” per dissimilazione di “t” con”c”.
Tòtaru: minchione, uomo stupido. Di etimo incerto, forse dal greco “tothazein” (deridere).
Tòzzulu: pan biscotto, torsolo di pane duro. Da un tardo latino “tursus”, a sua volta dal greco “thyrsus”, fusto di piante commestibili privato di foglie e fiori, per assonanza (Plutarco, I° sec. d. C.).
Trabbàcca: spalliera del letto. Dall'arabo “tabaqa”, nella voce dialettale egiziana; più propriamente è il legno di cocco con cui si costruiva la spalliera del letto. Voce ormai in disuso.
Tracòddhra: tracolla, striscia di cuoio o di stoffa che poggiando sopra una spalla si chiude sotto il braccio opposto. Dal latino “inter collo”.
Tracunu: di sbieco, di traverso, in modo obliquo. Dal greco “trachlòs”.
Traìnu: grosso carro trainato dai buoi o dai muli. Dal latino “traginare”, oppure dal francese “traìn” (carro agricolo in passato, oggi treno).
U traìnu.
Tramazzìjeru: imbroglione, intrigante, faccendiere (chi si mette in mezzo). Dal latino “trans meare” (passare attraverso). In origine la “trama”, in latino, non era soltanto l'ordito di un tessuto, ma anche macchinazione, maneggio, intrigo, imbroglio. In italiano abbiamo un significato simile: ordire una trama, cioè preparare qualcosa a danno di altri.
Tràmente: mentre, nel frattempo. Dal latino “dum interea”. Si indica la contemporaneità di due azioni, senza soluzioni di continuità, di cui una si verifica mentre è in corso l'altra.
Trantìna, trandina: orciuolo in argilla, contenitore per l'acqua. Derivato da Taranto, o nelle vicinanze, forse luogo di produzione.
Trandini.
Trappitàru: proprietario di un frantoio, anche colui che lavora nel frantoio.
Trappìtu: frantoio di olive. Dal latino “trapetum”. In origine indicava il torchio, poi, per estensione tutti i locali del frantoio.
Trappitu.
Trappuliàre: sbrigare qualcosa, svolgere un lavoro a tempo perso. Da un antico francese “trappe”.
Trasieghésce: un eternamente indeciso.
Trasìre: entrare. Dal latino “trans ire” ( attraversare, andare da fuori a dentro un luogo chiuso). “Tà fatti vijcchi e a varva ghè pilusa/ nuddhra fimmina dicia vijni trasi”: ti sei fatto vecchio e la barba è diventata ispida, nessuna donna di dirà: entra.
Trastìjeddhru: tassello che si fa sull'anguria per vedere se è buona. Da “tastare”, che come verbo latino non esiste e forse è un incrocio tra “tangere” (toccare) e “gustare” (assaggiare). Oppure dal francese “tester” (mettere alla prova).
Trasùta: entrata. Da “trans ire”.
Travaglia: mezzo di contenimento per tenere fermi gli animali, di solito in posizione eretta, per interventi chirurgici, o per ferratura, se indocili. Dal latino “trabalis” (riguardante la trave o l'architrave), aggettivo da “trabs”.
A travaglia i Carijanni.
Traviìjersu: traversa, barra di legno. Dal latino “trans versus”.
Tràvu, trava: trave. Dal latino “trabs”.
Travagliàre: fare un pesante lavoro manuale. Dal francese “travailler”, oppure dallo spagnolo “trabajar”.
Tréglia, tréggia: carro rustico per il trasporto dei covoni all'aia. Dal latino “tragula”, a sua volta dal verbo “traginare”, forma parallela a “trahere”.
Trémpa: tempia. Dal latino “tempora”.
Trémpa: dirupo, luogo scesa, balza, precipizio. Dall'osco “tempa”; in greco “tempe” è una stretta tra i monti. Tempea è una valle della Tessaglia, in Grecia; “sti tremp'a pinnini”, verso il dirupo. E', comunque, un'alterazione di "timpa".
Tribulàre: tormentare, affliggere, travagliare. Dal latino “tribolus”, a sua volta dal greco “tribòlos”.
Triccabballacca: strumento musicale della tradizione napoletana, formato da tre martelletti in legno intelaiati. In senso lato, anche festa chiassosa. Probabile voce onomatopeica, essendo lo strumento piuttosto rumoroso.
Tricchi tracca: raganella, strumento musicale. Vedi anche “troccula”.
Triculàzza: ortica. Dal greco “tricheidés”, pungente simile a peli, anche capelli (Ippocrate, V° sec. a. C.).
Triculazza.
Triddhru: giocoso, allegro, simpatico. Da probabile voce onomatopeica “trill”. “Triddhru ara chiazza e trìvulu ara casa”, gioioso, allegro in piazza e cupo in casa. Credo che il vocabolo sia derivato dalla terminologia musicale: il trillo è un abbellimento formato dal rapido alternarsi della nota reale, di base, con un'altra nota a distanza di seconda superiore o inferiore, di modo maggiore o minore, che nella scrittura sul pentagramma ha come simbolo le lettere “tr”, sovrapposte alla nota reale.
Trìglia: pietra squadrata, con un foro ad una estremità, che veniva trascinata dai buoi sull'aia. Dal latino “tribulum” (strumento con il quale si trebbia), a sua volta derivato dal verbo “tero” (trebbiare, anche strofinare, sfregare) nel suo participio passato “tritum”. Era detta anche “petra i l'aria” (pietra dell'aia).
Triglia (a petra i l'aria).
Trincàri: bere molto, avidamente e con gusto. Dal germanico “trinken”.
Trìppa: pancia, ventre. Forse dal celtico “tripa”. “Trippa chijna canta e nò cammisa janca”.
Trippitiàre: saltellare proprio dei bambini. Voce verbale dal greco “tripodion”.
Trìppitu, tribbitu: treppiede, arnese su cui si poggia la casseruola davanti al focolare. Dal greco “tripodion”, di tre piedi (Platone IV° sec. a. C.).
Trippùtu: che ha una grossa pancia. Stessa etimologia di “trippa”.
Trirròti: motocarro. Voce derivata dall'italiano “tre ruote”.
Tristijddhri: voce in disuso. Era una sorta di cavalletto in ferro battuto che sosteneva il tavolato del letto. Potrebbe derivare dal francese “trestel” (pezzo di legno per sostegno), a sua volta dal latino tardo “transtillum” (asse trasversale).
Trìstu: cattivo, sdegnato, triste, accigliato. Dal latino “tristis”.
Trisùoru: tesoro. Dal latino “thesaurus”, a sua volta dal greco “tesauròs”.
Trivulu: molestia, travaglio, piagnisteo, anche affanni. Potrebbe derivare dal latino “tribulus”, oppure anche dal greco “tribolòs”. In ambedue i casi ha diversi significati che, per metafora, hanno dato origine al senso di dolore, sventura, patimento. Il tribolo è una pianta spinosa con frutti acuminati (tribulus terrestris); era anche, al tempo dei greci e dei romani, una insidia bellica costituita da palle di ferro con punte aguzze che, gettati a terra, impedivano il passaggio della cavalleria nemica. Da qui il significato traslato di ostacolo, tribolazione. “Nuvul'i stati, stijddhr'i vijrni, trìvul'i pizzente, 'un criditi mai a nnénte, cà i stiddhr'i vijrni su cum'i puttan'i Salijrni” (mai fidarsi delle apparenze); “
Trìzza: treccia. Dal latino “trichia” a sua volta dal greco “trichìa” corda, fune (Platone IV° sec. a. C.).f
Tròccula: raganella di legno, o bàttola, adoperata per annunciare le funzioni della Settimana Santa, nei giorni in cui è vietato il suono delle campane. Da notare che lo strumento, tipico della musica folclorica, è stato utilizzato anche per composizioni di Beethoven, Strauss, Ravel, Respighi. A Tarsia era uso, da parte dei bambini, andare in giro per il paese, per procacciarsi legna da ardere in piazza, la notte del Venerdì Santo (nù piezz'i ligni ppù fuocu santu). Dal greco “cròtalon”, raganella, nacchere, forse incrociato con “trochìlos”, carrucola (Erodoto, V° sec. a. C.). Oppure dal latino “trochus” (qualcosa che gira intorno), anche se, in realtà, il “trochus” era un cerchio metallico usato come gioco dai bambini che lo mettevano in movimento circolare con una bacchetta (Quinto Orazio Flacco, I sec. a. C.).
Troccula.
Trògna, vrògna: naso molto grosso. Dal francese “trogne” (viso deforme).
Tròppa: pianta, arbusto. Dal greco “trophè” letteralmente, qualcosa che cresce (Euripide, V° sec. a. C.), ovvero sempre dal greco “tropalis”, serto di foglie con la radice. Non credo che possa derivare da “stroppa”, con elisione della “s” iniziale.
Troppicàre: inciampare. Dallo spagnolo “trompecar”.
Trucculiari: smuovere, scuotere, piegare, storcere. Dal latino “torqueo”.
Trùgliu: grassottello, paffuto, tozzo., colmo, zeppo. Vedi “ntrugliu”.
Trùmma: tromba. Da un germanico “trumba”, forse voce onomatopeica.
Trunàre: tuonare. Dal latino “tonare”; “caelum tonat omne fragore”, tutto il cielo rimbomba di tuoni. (Virgilio Marone , I° sec. a. C.).
Trùnzu: torsolo, fusto di piante varie. Da un tardo latino “tursus”, a sua volta dal greco “thìursos”.
Truòppu; molto, assai, troppo. Dal germanico “throp” (massa).
Truòzzulu: torsolo. Dal greco “thiursos”.
Trupìa: temporale di breve durata, burrasca. Dal greco “tropaìa”, vento burrascoso che viene dal mare verso terra (Sofocle, IV° sec. a. C.).
Trùscia: fascio di frasche da bruciare, involto, fardello. Dal francese “trousse”.
Truùnu: tuono. Dal latino “tonus”; “cà ti vò piglià nu truunu”, che tu possa essere colpito da un tuono (nel senso di qualcosa di pesante, perché il tuono è solo rumore).
Truvulu: torbido. Dal latino “turbidus”, derivato da “turba” (disordine, confusione).
Truzzàre: urtare, cozzare, anche fare un brindisi. Nel primo significato dal greco “tribo”, collidere (Tucidide, V° sec. a. C.), nel secondo da “trizzo” con “truchsò”, sorridere con il vino nuovo (Anacreonte V° sec. a. C.); anche in spagnolo “tròzo”; “truzzàmi”, voce che accompagna una buona bevuta tra amici. Una verosimile alternativa è la derivazione dal latino “trusare”, frequentativo di “trudere” (spingere, urtare).
Trùzzu: torsolo. Vedi “trunzu”.
Ttatà: voce onomatopeica per indicare il rimbalzo di una palla di biliardo su un'altra. “Quann'a paddhra fa ttatà, o si fissi o un sa jucà”: locuzione tra giocatori di biliardo, indicante che se la palla rimpalla su un'altra, o sei stupido, oppure sei incapace a questo gioco.
Tùbbu: tubo, anche bicchiere di vino. Dal latino “tubus”; “nù facimi nu tubbu”, ci beviamo un buon bicchiere di vino; “ciàn'jittati nu tubbu”, l'hanno lasciato a bocca asciutta al gioco del padrone e sotto.
Tuccàta: colpo apoplettico, accidente. Dal latino “tango”, con participio passato “tactum”.
Tuccàtu: non avere il cervello perfettamente a posto, essere strambo, pazzoide. Nell'espressione “ghè tuccatu i capi”, credo che il riferimento sia allo spagnolo “tocado”, per similitudine con “toca”, sempre spagnolo, che indicava un copricapo usato dalle suore, o anche una cuffia da notte.
Tuculiàre: toccare leggermente, scuotere. Dal latino “torquere”.
Tuma: pasta fresca da cui si ricava il formaggio, prima di essere messa nelle forme. Da un francese provenzale “toma” (sorta di formaggio), o dal latino “tumeo” (fermentare), a sua volta da un sanscrito “tuma” (cosa che si gonfia). Come sottoprodotto si ottiene “'u paddhracciu” (piccola caciotta).
Tummàre: cadere, far cadere, capovolgersi. Dal francese “tomber”, o da un tardo latino “tumbare”, a sua volta dal germanico “tumba”, nel significato originale “qualcosa che cade dall'alto”.
Tumminàta: misura agraria (circa 33 are). E' una misura di superficie corrispondente ad un terreno in cui si poteva seminare “nù tumminu” di grano. Tre “tumminate” corrispondono ad un ettaro; suoi sottomultipli sono “menzatumminata, na quartucciata, na stuppiddhrata”.
Tùmminu: tomolo, antica misura per aridi. Dall'arabo “tumn”(un ottavo). Come recipiente era troppo ingombrante e pesante per poter essere maneggiato e sollevato, per cui si preferiva ricorrere “aru mienzutumminu”, a forma di trono di cono, costruito con piccole doghe tenute insieme da cerchi in ferro, di misura standard: 36 centimetri il diametro della base maggiore, 32 della base minore , o bocca, 30 in altezza. Altri sottomultipli, a scalare, erano: “u quartu, u stuppieddhru, a misureddhra”. Il peso “'i nù tummunu”, naturalmente, variava: riferito al grano era di circa 45 chilogrammi. Gli aridi erano misurati in due modi: “ara rasa”, livellandone il contenuto con la “varra”, oppure “aru curmu”, lasciando che questo traboccasse formando un piccolo cumulo.
Tùnnu: rotondo, circolare. Dal latino “rotundus”.”Chini nascia tunnu 'un po' mori quadri”: ognuno ha il proprio destino.
Tuòccu: tocco, tirare a sorte, designare a sorte. Derivato da “tango”.
Tuòscu: diritto, pettoruto, altero. Dallo spagnolo “tosco” (gagliardo, ma anche grossolano).
Tuòssicu: veleno. Dal latino “toxicum” (veleno per frecce), oppure dal greco “topsicòs” ( arco per freccia); presso gli antichi era d'uso intingere la punta delle frecce nel veleno. Altra etimologia possibile è la derivazione dal greco “toxon”, albero del tasso, legno che si prestava bene ad essere lavorato al tornio e con cui erano fatti gli archi per le frecce (Teofrasto, botanico greco, III° sec. a. C.).
Tuòstu: tosto, duro, ancora non maturo. Dal latino “tostus”.
Tuppu tuppu: voce imitativa dei colpi che si danno alla porta. Dal greco “tupto” bussare alla porta (termine omerico).
Tuppu: acconciatura di capelli, nodo di capelli rialzati delle donne sulla nuca. Dal greco “tìupos”, figura dei capelli (Longino, III° sec. d. C.), oppure dal francese “toup”, ciuffo (da cui deriva anche “toupet”, parrucca).
Tupuliari, tuppuliari: avvolgere, avvoltolare, impacchettare. Dal greco “tiupoein” (configurare dando una forma).
Turciddhricùsu: che tende a piegarsi, a torcersi, ad avvolgersi. Dal latino “torquere”, divenuto, nel latino popolare, “torcere”.
Turcinicàre: attorcigliare. Dal latino “torquere”.
Turcinijàre: contorcersi, avvolgersi. Stessa etimologia.
Turdìddhru: frittella di farina impastata e miele che si prepara per il Natale. Dal latino “tortilis” (pasta a forma di cilindretto avvolta a spirale).
Turdu, turzu: ottuso di mente, lento, stupido, sempliciotto. Dal latino “turgidus”.
Turdu: tordo, uccello passeriformo. Dal latino “turdus”.
Turnìsi: tornese, voce ormai in disuso, ma che torna qualche volta per indicare il denaro. Antica moneta di rame, coniata a Tours, città francese della Loira, passata nell'Italia meridionale con gli Angioini ed utilizzata fino al regno borbonico. Un tornese equivaleva a sei cavallo, oppure a mezzo soldo. Dal francese antico “torneis”.
Turnisi.
Turra, turriùnu: torre, indicava una casa colonica fuori dal paese. Dal latino “turris”.
Turretta: luogo del paese. Dal latino, diminutivo di “turris”. Secondo il mio punto di vista, doveva essere una piccola costruzione, a sviluppo verticale, con funzione difensive, o di avvistamento, o di segnalazione.
Tùrri tùrri: voce onomatopeica, discorso lungo, lamentela noiosa, un po di qua un po di la. Derivato dal greco “thornos” (giro su se stesso).
Turrìjere: colono, colui che abitava la “turra”.
Turturéddhra: tortora. Dal latino “turtur”.
Turtureddhra.
Tussàre: tossire. Dal latino “tuxis”.
Tustigliùnu: geco. Dal latino “stellionis”.
Tustigliunu.
Tuttumagliu: cespuglio selvatico, l'Euforbia cespugliosa. Dal greco "tithumalon".
Tuttumagliu.
Tuùttu: tutto. Dal latino “totus”.
Tuvàglia: tovaglia per preparare la tavola, anche asciugamani. Da un antico francese “toalha”, a sua volta da un normanno “thwahlja”.
Tuvagliòlu: tovagliolo. Diminutivo, stessa etimologia.