lettera r - Tarsia dialetto

Vai ai contenuti
R


Rachìticu: scarsamente sviluppato, stentato, misero d'aspetto. Dal greco “rachiticòs” (Ippocrate, V° sec. a. C.).

Ràchitu: rantolo, raucedine, escreato. Dal latino “raucus”, affine a “ravus”.

Raciuuppu, riciuuppu: piccolo grappolo d'uva che rimane sula vite dopo la vendemmia. Dal latino “racemolus”.

Rafanìjeddhru: ravanello. Dal latino “raphanus”, a sua volta dal greco “ràphanos” (Aristotele).

Ràga pede: chi trascina i piedi in modo stentato, chi cammina a rilento.

Ragàre: avanzare con fatica, trascinarsi a stento, portare faticosamente, perdere le forze. Vedi “arragare”.

Ràggia: rabbia, collera. Dal latino “rabies”; “fatalis increpans rabies”, una fatale collera d'imprecazione (Cornelio Tacito II° sec. d.C.). Anche in francese “rage”. “Muurt'u canu, morta'a raggia”, la morte fa dimenticare anche le azioni cattive.

Ragùnu: stanco, malaticcio, strasciconi. Stessa etimologia di “ragare”.

Ralla: nell'espressione popolare “na cap'i ralla, nà ralla”, un niente, cosa da poco. Dal latino “rallum”, raschietto per la pulizia dell'aratro, oppure sempre dal latino “arealis”, setaccio che veniva usato sull'aia per separare il grano dalla pula.

Ramàglia: frasche, insieme di rami secchi, fascine. Dal latino “ramalia”. derivato da “ramus”.

Ramàzzu: forte raffreddore con espettorato. Forse da un francese “ramasse”, contrazione, irrigidimento, spasmo (delle corde vocali).

Raméra: recipiente di rame in cui mio padre, cacciatore, conservava la polvere da sparo per confezionare le cartucce. Da un tardo latino “aeramen”, a sua volta da “aes – aeris” (rame).

Ramétta: piccolo recipiente di rame, poi di altro materiale. Stessa etimologia.

Rampari: scopare, ramazzare, strisciare la zappa sul terreno, sarchiare. Dal francese "ramper".

Ranciuliàre: mettere insieme alla meglio, a fatica, al minuto, raggranellare, rimediare qualcosa, racimolare. Probabile unione dal latino “racemor” (racimolare, spigolare), e dallo spagnolo “ranchare” (mettersi in fila).

Ranùnchiu: rospo, ranocchio. Dal latino “ranunculus”. Scherzosamente, Cicerone chiamava così gli abitanti di Ulubre, municipio nei pressi dell'attuale Cisterna sulla via Appia (d'altronde lui abitava da quelle parti), forse perché era zona paludosa.

Rapa: apri. Dal latino “aperire”. “U Signuru chiuda nà porta e rapa nù purtunu”, abbi fede nella Santa Provvidenza.

Ràrica: radice. Dal latino “radix”.

Ràsa: angolo, lato, rasente, parte. Dal latino “rasus”. Vedi anche "curmu".

Rascha: muco, espettorato. Dallo spagnolo “rascar”.

Raschàre: graffiare, raschiare. Da un latino inusuale “rasiculare”, a sua volta da “rasum”, participio passato dal verbo “rado”, attraverso lo spagnolo “rasgar”.

Raschatìna: graffio. Stessa etimologia.

Raschùnu: graffio. Dallo spagnolo “rasguno”, con lo stesso etimo dal latino.

Raséddhra: angolo, lato, anche il legno usato per levare il colmo che sopravanza la misura. Stessa etimologia di “rasa”.

Rasénte: molto vicino, lungo. Stessa etimologia di “rasa”.

Rasòrra, rasula: paletta per pulire la madia dalle incrostazioni. Da un tardo latino “rasorium”, derivato da “radere”.

Raspàre: grattare, sgrossare, scrostare, irritare (riferito a tessuti ruvidi o a cibi e bevande troppo forti e acri). Dal germanico “raspùn”, o da un antico francese “rasper”.

Rastìare: fiutare, odorare, annusare (riferito agli animali). Dallo spagnolo “rastero” (seguire una traccia).

Rastu: odore della selvaggina, che permette al cane di identificarne la traccia. Stessa etimologia. Termine in disuso.

Razzìma: semi di cereali, anche razza, stirpe, progenie. Probabile derivazione dall'arabo “ras”(origine, principio), oppure, sempre dall'arabo “razz” (piantare), mentre in francese antico “haraz” sta per allevamento.

Réglia: scheggia di legno, anche coccio di laterizi. Dal greco "rechos".

Régula: ciclo mestruale. Dal latino “regula” (norma). Mi raccontava qualche anziano del paese ( non ricordo il nome) che non di rado, ai loro tempi, si potevano incontrare delle giovani fanciulle che portavano un fazzoletto legato a metà gamba, segno inconfondibile che avevano avuto la prima mestruazione e che, perciò, erano pronte al matrimonio: quel modo di acconciarsi era detto “portare la regola”. Segno dei tempi, in cui le donne si sposavano che erano ancora delle adolescenti.

Régumi: reumatismi. Dal latino “rheuma” (marea, flusso, riflusso), a sua volta dal greco “rèuma”, corrente, flusso (Eschilo VI° sec a. C.) da una radice “rein” (scorrere), in quanto si credeva che la malattia dipendesse da affluenza di materia lungo le articolazioni.

Réjere: reggere, sostenere, durare. Dal latino “regere”.

Rénnere: rendere, restituire, dare indietro. Dal latino “reddere”; “cà Madonna ti vò renne u duppiu dù bbeni chi mà fatt”, che la Madonna ti possa rendere il doppio del piacere che mi hai fatto.

Renza: tendenza, abitudine, inclinazione. Da un tardo latino “haeretium” (pendenza, ma anche inclinazione).

Réquia: riposo, calma, quiete. Dal latino “requies”.

Résca: lisca di pesce. Da un antico francese provenzale “laiche”, fetta sottile di qualcosa; oppure dal greco "rechòs".

Résta: filza di aglio o cipolla legati insieme alle loro fronde riunite in forma di treccia. Dal latino “restis” (fune, corda).



Resta i gagli.


Restatìna: rimasuglio. Sostantivo dal verbo “restare”.

Rètina: compagnia, detto in senso canzonatorio. Dal latino “retinax” (trattenuto insieme); “a retina i tolli, ghunu a tira l'at'a mmolla”, riferito a qualcosa di cui non si sa bene che fare, indecisione assoluta.

Ribbusciàtu: debosciato, sregolato, dissoluto, fiaccato da un costume di vita vizioso. Dal francese “debauchè”.

Ribilinu: toponimo. Zona del paese situata tra la chiesetta dei SS. Cosma e Damiano e l'Acqua delle Donne.

Ricchia: orecchio. Dal latino “auricola”, diminutivo di “auris”. “Vò minati 'ndì ricchij”, espressione che indica una metaforica percossa sulle orecchie per chi è superbo, borioso, presuntuoso, in modo da fargliele abbassare.

Ricchiàjna: parotite epidemica, conosciuta come “orecchioni”.

Ricchiùnu: effeminato, omosessuale.  Ha varie ipotesi etimologiche. La parotite epidemica (gli orecchioni), se contratta in età adulta, determina sterilità, per cui il termine starebbe a significare l'impotenza a generare; la seconda ipotesi ricondurrebbe al nome dato dai conquistatori spagnoli ai nobili peruviani viziosi e corrotti che si facevano forare le orecchie, “orejones”; una terza possibilità farebbe riferimento alla lepre, piccolo animale dalle grandi orecchie, che secondo gli antichi era ermafrodito; l'altra, sempre riferita al mondo animale, farebbe risalire la voce ad un antico latino volgare “hirculone” o “hircone” ( irco, il maschio della capra) che aveva una cattiva nomea di maschio dalle abitudini perverse.

Ricijssu: foro cavo nel muro per consentire lo scorrimento del palo utilizzato per chiudere le imposte. Dal latino “recessum”.

Ricoglijri: ritirarsi, mettere insieme, raccogliere. Dal latino "recolligere".

Ricòta, ricùotu: ritorno, ritornata, raccolta. Dal latino “re colligo”.

Ricriàre: rasserenare con il riposo e lo svago, godersela, dilettarsi. Dal latino “re creare” (ristorare).

Ricuttàru: che vende o produce ricotta. Derivato da “ricotta”, dal latino “ri cuocere”. Altro significato del termine è sfruttatore di prostitute, magnaccia, protettore. In questo caso l'etimologia è diversa, ed il termine è mutuato dal dialetto napoletano. I piccoli delinquenti, furfanti di infima tacca, arrestati e sotto processo, quindi destinati a pena sicura, non potevano sostenere di certo le spese legali; allo scopo provvedevano i loro compagni di malavita, che facevano una questua presso commercianti dello stesso rione, in modo più o meno vessatorio. La raccolta di soldi era detta “ricota”(vedi questo termine); essendo questi malavitosi anche protettori di prostitute, il vocabolo, per estensione, è passato ad indicare anche chi sfrutta altri per un proprio tornaconto. Come termine, è un derivato dal napoletano.

Rifriscàta: sul far della sera, oppure reso più fresco dalla pioggia, o da una lavata etc. Dal latino “re in” e dal germanico “frisk”.

Riggìjttu: riposo, anche piccola costruzione in campagna per il riposo o per deposito, luogo di riparo, capanna di rifugio. Dal latino “receptus”. “U'n piglia mmaj riggìjttu”: è sempre in movimento, non si riposa mai.

Riggiola: termine ormai in disuso, che mi è venuto in mente quando, nel settembre 2013, ho pavimentato i magazzini siti in Via Olivella (per la verità, il pavimento mi è venuto un po' storto): erano delle mattonelle di terracotta, fatte a mano, di colore rossiccio. Forse da un tardo latino “rubiola”, derivato da “ruber”, rosso.

Riggistràre: accomodare, rassettare, regolare. Da un tardo latino “regesta dare”, a sua volta da “regus”.

Rigulìzia: liquirizia. Dal latino “liquiritia”, a sua volta dal greco “glychis”, dolce e “riza”, radice.


Rigulizia  (foto di Antonio Toscano).

Rigumàre, rumàre: ruminare. Dal latino “rumigare".

Rijatàre: rifiatare, respirare. Dal latino “reflatare”.

Rijddhru: scricciolo, uccello passeriforme. Da un tardo latino “regillus” (piccolo re, forse perché si impossessa di nidi abbandonati da altri uccelli).

Rijddhru.

Rijùolu: orzaiolo. Dal latino “hordeulus”.

Riminàre, riminiàre: agitare, muoversi, rimenare, rimestare, frugare. Dal latino “re minari”. “'A mmerda cchijù a riminìa, cchijù puzza”, è inutile ripetere le cose disdicevoli. E' sbagliata la derivazione da un latino “numerare”, (contare, considerare) come sostenuto dai soliti dilettanti allo sbaraglio.

Riminìzzu: persona agitata. Stessa etimologia.

Rimmediu: rimedio. Dal latino “remedium”. “Sul'ara morta 'un cè rimmediu”: solo alla morte non c'è rimedio.

Rimpùorzu: rinforzo. Dal latino “re fortia”, sostantivato dall'aggettivo “fortis”. “A cur'i rimpuorzu” spesso consisteva in un uovo sbattuto con aggiunta di zucchero  e marsala.

Rimusciniàri: rimescolare, rimestare. Dal latino “re misculare”, derivato da “miscere”.

Rina: sabbia, arena. Dal latino “arena”.

Rina carusa: toponimo di località.

Rinàcchiu: ghiaia, sabbia lungo le rive del fiume, secca arenosa del fiume. Da un tardo latino “arenaceus”.

Rinacciàre: rammendare. Dal greco “ramna”, cucitura, legame tenuto da cucitura (Diodoro Siculo, I° sec. a. C.), e dal  latino “acia” (filo).

Rinàlu: orinale. Dal latino “urinalis”.

Rincìglia, ciriciglia: orbettino. Dal latino “caecilia”.


Rincìglia, ciriciglia.

Rìnga: linea, fila. Dal germanico “hringa”.

Ringhéra: balaustra diritta, ringhiera. Da un disusato tardo latino “aringhiera”, derivato da “aringo”, a sua volta dal germanico “hringa”. In origine era un parapetto di colonnette di ferro dal quale si poteva parlare liberamente al pubblico.

Ripa: molto rasente il muro per la sua lunghezza. Dal latino “ripa” (riva, sponda).

Ripicchia ( o rapicchia, non ricordo bene): grinza, ruga. Dall'arabo “raqaba” (sovrapporre).

Ripizzàre: vedi “arripizzare”.

Riquésta: raccolta, richiesta, anche riserva di qualcosa. Dallo spagnolo “questa”, a sua volta dal latino “quaero”.

Risbigliàre: svegliarsi. Dal latino “re ex vigilare”.

Risamùglia: avanzi di un pasto, resti. Dal latino ”remasum”, participio passato di “maneo”.

Riscka: ago della spiga di grano. Dal latino "arista".

Riseddhrare, arriseddhrare: (vocabolo suggerito da Maria Grazia Grispino). Sistemare, mettere in ordine, fare un piccolo accomodamento di un'opera, ultimare un lavoro. Potrebbe derivare dal latino “ad resedare”, calmare, e quindi, in senso traslato, regolare, aggiustare, dare sistemazione, ordine. Un termine simile è l'inglese “to reset” riferito al computer.

Risicàre: mettere a rischio. Dallo spagnolo “arriscar”.

Risòlio: liquore di gradazione alcolica non molto forte, di sapore dolce ed aromatizzato. Forse dall'unione di due termini, “ros”, rugiada e “solis”, di sole, dato il caratteristico aspetto filante e dorato.

Ristùccia: residui di coltura erbacea, rimasti sul campo, dopo il taglio o la mietitura. Dal latino “re” e “stipula”.

Riténna: scambio di favori o di mano d'opera, in un certo senso baratto. Dal latino, voce deverbale di “re tenere”.

Ritijegnu: ritegno, ostacolo, impaccio. Dal latino “retinere”.

Rituurtu: voce in disuso. Era un lungo pannolino, di solito di tela bianca, con cui le donne si ricoprivano la testa. Dal latino "retortus".

Rivìjersu: rovescio. Dal latino “reversus”.

Rivintàre: trovare riposo, sostare dal lavoro, riconfortarsi. Dal latino “ri venitum”.

Rivisari: guardare, mirare, volgere lo sguardo, osservare. Dal latino "ri visare", frequentativo di "ri vedere".

Rivotàre: rivoltare, rimescolare. Dal latino “revolutare”, a sua volta da “revolvere”.

Rivùotu: confusione, baccano, sottosopra, sconvolgimento. Dal latino “revolutus”.

Rìzza: rete. Dal latino “retia”.

Rizzi: capolini di una pianta, la Galium aparine, che si attaccano ai vestiti, cosiddetti perché simili al riccio.


Rizzi.

Rìzzu: ricciuto di capelli, crespo. Per similitudine con il riccio, animale.

Rìzzu: riccio, anche l'involucro della castagna. Dal latino “ericius”.

Rocculiàre: russare, anche far rumore. Dal greco “regcho”, russare (Ippocrate, V° sec. a. C.).

Ròddhra: crocchio di persone, riunione di gente in circolo. Forse dal latino “rota”, per similitudine.

Romanìjeddhru: cordicella, filo di lana, spago. Derivato da “romana”. La romana è una bilancia differenziale che misura il filato di lana, o di altri tessuti, e lo distingue in pettinaccia (il cascame) e pettinato: dal rapporto tra i due elementi si ottiene un filo detto “romanello”.

Rosamarìna: novellame di piccolissimi pesci neonati. Dal latino “ros marinus”(rugiada di mare).

Rosamarìnu: rosmarino. Stessa etimologia. “Tena tutt'vizzji d'u rosamarinu”: in questo caso “vizzji” sta per difetti, quindi letteralmente significa “ha tutti i difetti del rosmarino”, questo perché la pianta in questione, oltre che dare un po' di aroma al cibo, non serve praticamente a nulla: non è albero che dia ombra o frutti, se acceso non dura tanto da dare calore, fa fumo, dà una cenere inservibile.

Rota: ruota, dal latino "rota". "Simi 'nterra ccù tutt'i quattri tori", non abbiamo più niente, abbiamo difficoltà economiche.

Rota popolina: è un fenomeno meteorologico che si verifica soprattutto d'estate, nelle aree assolate ed esposte al sud. Ha una forma che richiama una tromba d'aria in miniatura, di dimensioni molto ridotte e con un cono di qualche metro. Si genera per un eccessivo riscaldamento del suolo, che, in presenza di una leggera depressione sovrastante, determina un mulinello; l'aria surriscaldata, meno densa, si dirige verso l'alto, richiamando al suo interno aria dall'ambiente circostante, con un movimento rotatorio, un avvitamento a spirale che si sposta sul terreno, in funzione dell'afflusso di nuova aria. Nella sua corsa è in grado di raccogliere sabbia, sterpaglie, foglie sollevandole verso l'alto. Quando il vortice arriva su una superficie meno calda non ha più energia per alimentarsi e si dissolve rapidamente. La credenza popolare vedeva, nelle forme che il vortice assumeva, sembianze e volti di bambine morte. Infatti, l'etimologia dei termini è: “rota” (ruota) dal latino “rota”; “popolina” dal latino “pupula”, che significa bambina, giovinetta, ma pure maschera femminile, da cui anche l'italiano “pupa”. La particolarità consiste nel fatto che questo modo di dire, ed il suo significato, sono presenti solo nel dialetto di Tarsia, e non di altre zone della Calabria.


Rota popolina.

Rròbba: roba. In genere, qualsiasi cosa materiale che si possiede; anche merceria, o la materia di cui un oggetto è fatto. Dal germanico “rauba”; in arabo, "rob" è il podere, mentre nel dialetto egiziano è l'abitazione.  “Rrobba i notti, vrigogna i jiurnu”, quello che si fa all' oscuro (di notte) può non essere conveniente farlo di giorno. “L'anim'a Ddiu e a rrobba a chi li spetta”, a ciascuno il suo (unicuique suum).

Rucchétto: rocchetto di filo per cucire. Da un tardo latino “rochetum”.

Rucchiàre, rucculiàre: tubare (proprio dei piccioni), anche lamentarsi, piagnucolare. Dal francese “roucoulier”, probabile voce onomatopeica, oppure dal greco "rucatso".

Rucciuliàre: temporeggiare, indugiare, raggirare. Voce derivata da “riccio”, con senso figurato, come cosa che gira su se stessa, trattenuta in forma di spirale.

Rugàgnu: voce ormai in disuso. Vaso di terra cotta, stoviglie della casa. Dal greco “orgànion” (attrezzi di casa). Altri significati: vaso da notte per impellenti necessità corporali liquide; anche piccolo solco ai lati della strada, o fra i terreni in pendio, che raccoglieva le acque piovane: da “reo”, scorrere, attraverso una forma dialettale greca “ruas” (da cui anche l'italiano rigagnolo). La differenza con il “cantaru” era che quest'ultimo era adoperato per le necessità corporali solide; infatti “u rugagnu” aveva collo largo e stretto e terminava ad ampolla, “u cantaru” era un recipiente cilindrico e largo, con un'ampia bocca dove ci si poteva sedere comodamente.

Ruggianìsa: specie di ulivo, con frutto ideale per olio.

Rugliàre: brontolio sordo e minaccioso di animali di grossa taglia (bue). Dall'unione del latino “rugere” e “mugilare”, di derivazione onomatopeica.

Rùgna: rogna, scabbia, in senso figurato molestia, creare fastidi, sbrigare affari e compiti ingrati. Dal latino tardo “rocnia”, derivato da “runcus” per affinità con lo strumento dentato adoperato per grattare la terra; oppure dal francese “rogne”.

Rugna: termine dato ad una pianta, l'elleboro.  Cresce in terreni umidi, ma non in diretto contatto con l'acqua, in zone di penombra, quindi sotto gli alberi. Se ne può trovare lungo gli argini del Crati:  è detta anche rosa d'inverno, perché fiorisce da novembre a marzo, con fiori simili ad una piccola rosa. Tutta la pianta, comprese le radici, è tossica: se ingerita, o presa come infuso,  può determinare torpore, sonnolenza, date le sue proprietà narcotiche, analgesiche, anche allucinogene; per contatto diretto provoca irritazione cutanea, con prurito intenso da cui la similitudine con segni e sintomi della scabbia. Veniva usata nei tempi passati per la pesca. Nelle anse del fiume Crati, là dove c'è poca corrente di acqua, quasi stagnante, si facevano confluire i pesci, con opportuni accorgimenti, poi si chiudeva l'entrata con tronchi d'albero, frasche o sassi (si formava il cosiddetto “truunzu”); nel piccolo invaso si distribuivano delle piantine di elleboro, che, nel tempo di qualche ora, tramortivano i pesci presenti. E, voilà, la pesca era assicurata. L'etimologia è la stessa del vocabolo precedente.


Rugna.

Rùina: strumento che serviva a tagliare e appianare gli zoccoli di cavalli ed asini. Da un antico francese “roisne”, a sua volta da un latino volgare “runcina, rucina”.

Rumànza: storia, favola. Da un antico francese “romanz”, che risale alla locuzione latina “romanice loqui” (parlare latino), cioè parlare e scrivere secondo la lingua dei cittadini romani e non di quelli di ceppo barbarico (quella di questi ultimi era la “teudisca lingua”).

Rùnca: ronca, falcetto. Dal latino “runcus”.

Runcigliàre: russare. Dal latino “rhonchus”, oppure dal francese “roncher”.

Runcìglio: roncola, pennato per tagliare i rami più grossi. Dal latino “runcus”.

Runfàre: russare. Dal latino “re in flare”; anche in un tardo francese provenzale “ronflar”, oppure dal greco "rocalizo".

Runziàri: ronzare attorno, girovagare. Voce onomatopeica da un probabile germanico “runzen” (fare rumore come le vespe), oppure da un primitivo latino “rotjare”(girare attorno come le vespe), frequentativo di “rotare”.

Rùocculu: bizze, moine, scherzi, confusione, lagna, ripetizione noiosa. Vedi “rucchiare, rucculiare”.

Rùommulu: gomitolo, involto, anche scanno, sedile a tre piedi, unione confusa di oggetti, cilindro di legno. Dal greco “ròmbos” (Pindaro, IV° sec. a. C.).

Rùospu: rospo (bufo vulgaris). Forse da una radice “rusp” (essere ruvido).

Rùosuli: geloni dei piedi. Dal latino “rosula” (a forma di piccola rosa).

Ruscinuulu: usignolo. Da un antico spagnolo "rosenol", a sua volta dal latino "lusineolus".

Ruséddhra: caldarroste. Dal longobardo “rosela” (crosta disseccata).

Rusicàre: rosicchiare, mangiare, guadagnare. Da u  tardo latino “rosicare”, frequentativo di “rodere”.

Rusitu: specie di fungo. Dal greco "rousitos" (rossastro).

Russàina: rosolia. Da “rosea”, riferito al colore.

Rùva: antica misura corrispondente a un tomolo e mezzo, all'incirca poco meno di 70 Kg. Dall'arabo “rubb”; anche in spagnolo “arruba”.

Ruvata: estensione di terreno su cui era possibile seminare un tomolo e mezzo di grano. Misura di superficie corrispondente a circa mezzo ettaro. Di questa misura erano i campi delle macchie, consegnati ai contadini dopo la riforma agraria.

Ruvettàru, ruvìjettu: roveto. Dal latino “rubetum”, derivato da “rubus”(dai frutti rossi).

Ruzza: ruggine. Sostantivato da un latino “rubeo”.

Ruzzicàri, rusicari: rosicchiare. Dal latino “rosicare” derivato da “rodere”. “Dunimi tijmpi ca ti rusichi”, da tempo al tempo.

Ruzzulàre: rotolare, girare su se stesso, precipitare ruzzolando. Dal latino “roteolare”, diminutivo derivato da “rota”.

Ruzzulùnu: capriola, cadere ruzzolando. Stessa etimologia.
Torna ai contenuti